Se penso al giorno della partenza con un clima tipico dell’inverno mi sembra di essere in giro da almeno una stagione: anche oggi il sole ed una temperatura fantastica, a tratti anche un po’ troppo elevata, ci ha accompagnati per tutto il tragitto.

Lasciamo San Juan alle 8: al mattino fa piuttosto fresco, ma per i primi 5/6 km resto di stucco…Nebbia! Ma nebbia vera! Sono vestito a cipolla (e dopo la zuppa all’aglio di ieri sera è un bel binomio) e per i primi km è una scelta saggia.


Il percorso, dalle carte, oggi si presenta piuttosto agevole, anche se in alcuni punti la fatica resta fedele compagna di questo Cammino.

Dopo la solita colazione da morti di fame (ad Ages perché l’albergue dove abbiamo dormito non offre il servizio), arriva un primo  breve tratto non percorribile in sella: bisogna salire fino all’Olmo de Atapuerca e le rocce non consentono la pedalata. La fatica, poca, di spingere la bici viene però immediatamente ripagata dalla vista di Burgos dall’alto, là nella vallata ad una ventina di km scarsi.


Grazie a simpaticissime discese raggiungiamo la periferia di Burgos in poco tempo: l’ingresso in città non è proprio un granché, tuttavia anche Ferrara e Roma (nell’ordine le città più belle del mondo) non hanno delle periferie così belle…

Il centro storico di Burgos ribalta tutto: città molto bella, legata ad una storia che non sto qui a raccontare ma che è riportata in tutti i libri (o anche su Wikipedia: quindi non mi dilungo). La Cattedrale è semplicemente fantastica ma non entriamo: a sto giro l’ingresso costa 7€…mah, continuo a non capire perché per entrare in una chiesa, sebbene storica e che, a modo suo, funge da museo, si debba pagare. Non lo trovo un metodo intelligente per attirare fedeli…ma facciano come meglio credono.


Piccola pausa ristoro con qualche frutto e seguiamo le indispensabili frecce gialle che ci conducono lungo il Cammino: chi si è preso la briga di segnalare tutto il percorso con queste frecce merita un Nobel. Perdersi è davvero difficile.

L’uscita dalla città coincide con l’inizio delle mesetas che ci accompagneranno almeno fino ad Astorga: inizia così un paesaggio che lascia a bocca aperta. Vorrei tanto poter mettere i miei occhi qui per poter spiegare meglio quel che si vede. Nessuna foto potrà mai valere quel che vedono i miei occhi.

Tra Burgos e Tardajos incontriamo Erin, il danese che dicevo ieri: col suo passo spedito, alle 13 circa, si era già bombato 30km e più o meno altrettanti lo avrebbero aspettato. Ho voluto fare una foto con lui: eroe!


A Rabé de las Calzadas succede la variazione della giornata: gli altri ragazzi si sono organizzati il cibo facendo spesa in un supermercato a Burgos. Io non volevo  girare con sacchetti appesi quindi li faccio proseguire e mi fermo in un bar per farmi preparare un panino, dicendo al resto della ciurma che li avrei raggiunti quanto prima per mangiare tutti insieme.

Il barista subito mi accoglie molto amichevolmente e mi regala un ciondolo come buon auspicio per il prosieguo del Cammino: José Maria non ha fatto nulla di che a pensarci bene, ma mi ha fatto un piacere che non si può immaginare!

Riparto col mio panino nello zaino e cerco gli altri: il percorso, tutto su sterrato, passa per luoghi fantastici. Di paesi se ne passano davvero pochi perché è tutto campi: saliscendi continui ma per nulla faticosi e ai lati la pace più assoluta. La strada principale dista parecchio e non c’è niente che disturbi la tranquillità del sentiero.

Gli altri non li trovo quindi proseguo da solo. Come già ho detto loro, ringrazio l’universo di averli incontrati e di avere la fortuna di condividere quest’avventura, ma non c’è posto migliore per fare la strada in solitaria: tutto si amplifica e pedalo spensierato.

Il sole è a picco sulla testa, fa caldo, l’acqua nelle borracce è finita ma mi viene da pensare solo una cosa: chissenefrega!


Attraverso Hornillos del Camino, piccolo borgo lungo poche centinaia di metri e, dopo ancora km di campagna e sterrato, raggiungo Hontanas, dove decido di fermarmi per mangiare il mio panino. Il paese è molto grazioso ed una panchina all’ombra della chiesa è il posto migliore dove riposarsi un po’.

Gli altri chissà dove saranno!

Proseguo per Castrojeriz su strada asfaltata, saltando appena un paio di km di Cammino originale: in questa zona siamo talmente fuori dal mondo che fare strada (ombreggiata in quanto costeggiata da alberi) o sterrato (subito accanto) è praticamente uguale.

Castrojeriz dev’essere un posto molto interessante: pochi km prima si passa sotto l’arco delle rovine del Convento di Sant’Antonio (si, quello di Padova che in realtà è nato a Lisbona) e l’ingresso in paese è salutato da una bellissima chiesa.


Sono circa le 4 del pomeriggio, fa molto caldo e per le vie non incontro nessuno, se non qualche pellegrino che cerca refrigerio in zone ombrose.

Uscito dal paese mi aspetta l’unico punto veramente duro del giorno: bisogna scavalcare l’Alto de Mosterales. In lontananza vedo già il sentiero che mi aspetta…la pendenza sembra ignorante. Man mano che mi avvicino mi rendo conto che posso togliere il “sembra”…

Un cartello indica pendenza media 12%: secondo me è poco…

Ad ogni modo ho la certezza che se le gambe di Pantani si sono reincarnate in qualcuno, quel qualcuno non sono io.

Spingo la bici a mano fino in cima e fortunatamente è molto più corta di quanto credessi. Arrivato in alto però mi godo un panorama che non fa altro che aumentare il mio sorriso! Che bellezza! Goduria in più è il fatto che so già che ora mi aspetta la discesa!!!


Il nulla attorno a me prosegue: immensi campi di grano e colline a tratti spruzzate di rosso per ettari di papaveri (ma li coltiveranno o crescono spontanei?!?), pochi pellegrini incrociati ed io che, in mancanza del mio iPod, canto a squarciagola mentre pedalo.

In lontananza vedo una chiesa: quando arrivo nei pressi vedo che in realtà è un rifugio per pellegrini. Rallento vedendo persone davanti e riconosco Franco, il signore dal quale 2 settimane fa ritirai la credenziale a Bologna!

Mi sono fermato per 2 chiacchiere: mi offrono un bicchiere di vino (come rifiutare…) e mi raccontano un po’. All’interno di questa vecchia chiesa hanno ricavato un albergue con una quindicina di posti letto. Non hanno elettricità e con un piccolo pannello solare riescono a garantire un po’ d’acqua calda per le docce. Tavolona lunga per la cena e per il resto silenzio e tranquillità. Il posto è gestito dai volontari della Confraternita di San Jacopo ed ogni 15 giorni 3 persone vengono a prestare il proprio servizio. Se qualcuno volesse mai andare si trova a Ponte Fitero.

Mi faccio timbrare la credenziale, ringrazio, saluto e riprendo la strada per Itero, che si trova ad appena 2km. Passo per un campo in cui sono in funzione gli irrigatori e, visto il caldo, aspetto che i getti mi colpiscano: che figata!

All’ingresso di Itero de la Vega c’è subito un Albergue: ha disponibilità di posti. Raggiungo telefonicamente gli altri (che mi pensavano dietro) e prenoto per tutti. Contemporaneamente arrivano altri 2 ragazzi italiani: Matteo e Giacomo di Cuneo. Ora la compagnia è di 7 ciclisti (improvvisati!): ceniamo insieme come fossimo alle superiori, si mangia, si beve, si ride…tutto ciò mi piace molto.

Il pensiero per il pellegrino del giorno nasce da una cosa: questa mattina, poco dopo la partenza, siamo passati accanto ad un gruppetto di 4 persone che trainano una croce di legno alta almeno 2 metri. Li ammiro, davvero.

Chi intraprende il Cammino non va giudicato, mai: c’è chi lo fa a piedi, chi in bici, chi ne fa solo un tratto, chi portandosi addosso fardelli, chi inviando i bagagli tappa per tappa. C’è chi ama condividerlo e chi preferisce tenere per sé le proprie sensazioni. Il Cammino non si può spiegare: è talmente una cosa personale che lo si può solo fare. Dopodiché ognuno trae le proprie conclusioni.

La canzone di oggi, solo perché mi piace tantissimo e se avessi l’iPod l’avrei ascoltata oggi in cima all’Alto de Monsterales, è “Fix you” dei Coldplay

Oggi 81,70 km in 9h09′. In totale per ora siamo a 363: se le chiappe reggono, Santiago si avvicina.

Ulterya!

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