Dan-Sha-Ri

Sono decisamente convinto del fatto che le cose accadano nel momento esatto in cui devono accadere e diventino nostre “amiche” nel momento esatto in cui se ne capisce il significato.

Un paio d’anni fa, una mia amica mi regalò un libro: “Dan-sha-ri: riordina la tua vita” di Hideko Yamashita, una giapponese che si auto definisce clutter consultant, ovvero un’esperta di disordine.

Fui subito incuriosito dal contenuto e passai i primi 2-3 giorni a leggere con entusiasmo le prime pagine per cercare di capire cosa fosse questo dan-sha-ri: tuttavia, passata l’euforia iniziale e, probabilmente, con la scusa del “adesso non ho tempo”, lasciai il libro in mezzo ai tanti altri che conservavo nella mia libreria e rimase lì.

Fino ad un mesetto fa.

L’ho ripreso in mano nel momento giusto e nel momento in cui, evidentemente in maniera inconscia, avevo capito il senso ed il significato di questa filosofia.

Si perché non ho un termine più corretto per definirlo: il dan-sha-ri viene indicato come “metodo”, e ci sta, ma trovo sia più esplicativo considerarlo uno stile di vita, una forma mentis.

Facciamo un passo indietro: cos’è il dan-sha-ri?

Dan, Sha e Ri sono 3 ideogrammi giapponesi che significano rispettivamente rifiutare, gettare e staccarsi.

L’arte del “riordino” inventata da Hideko consiste, in poche parole, di liberarsi degli oggetti che non utilizziamo e che non sono più utili e di come liberarsene porti un enorme beneficio non solo allo spazio in cui viviamo, ma a noi stessi.

Nel libro spiega quest’arte in modo estremante esaustivo e con una serie di esempi e parallelismi con la vita che mi hanno effettivamente fatto molto riflettere.

Diciamo una versione fatta bene di quel programma che andava in onda su Real Time sugli accumulatori seriali anche se, ad onor del vero, il concetto è lo stesso.

Il mio percorso, se così si può chiamare, però è iniziato nel lasso di tempo tra la prima (semi) lettura e quella attuale, perché nel corso di questi 2 anni circa mi sono reso conto di come la mia casa fosse PIENA di COSE.

Una quantità incredibile di vestiti, una quantità incredibile di libri, una quantità incredibile di oggetti che non facevano altro che occupare uno spazio, prendere polvere e star lì a far niente.

Così, già forse un paio d’anni fa, è iniziato un progressivo e continuo svuotamento: senza rendermene conto, stavo già facendo Dan-sha-ri, del quale avevo appreso appena un piccolo principio con una prima, veloce, incompleta e distratta lettura.

Ho iniziato con i vestiti: per un periodo, fino a non troppo tempo fa, credo di aver sofferto di una sorte di sindrome da shopping compulsivo.

Un giorno ho guardato bene nell’armadio e nei cassetti e mi sono reso conto di quanti capi d’abbigliamento erano lì per essere messi al massimo 1 volta all’anno o, addirittura, senza essere mai toccati.

Il mio problema principale stava nel fatto che “magari un giorno mi tornerà utile”.

Ho iniziato con un primo scatolone di abiti, tutti ancora in ottimo stato (e faccio outing: alcuni con ancora l’etichetta), e l’ho portato ad un’associazione.

Poi sono passato alle scarpe.

Poi un altro passaggio nell’armadio.

Poi questa associazione mi dice che prendono tutto, anche rottami volendo.

Ho così iniziato a liberarmi anche di alcuni oggetti (perlopiù soprammobili) iniziando a sentirmi soddisfatto.

Fino a quando non è arrivato il momento dei traslochi.

Lo metto al plurale perché nel giro di 2 mesi ho dovuto organizzare un trasloco da Ferrara a Napoli e, come se non bastasse, dopo pochi mesi ho traslocato in una nuova casa anche a Napoli.

Mentre sto scrivendo sono, per gli ultimissimi giorni, nella mia casa di Ferrara che lascerò definitivamente la prossima settimana.

Il trasloco è quel momento che ti mette di fronte alla realtà: quanta roba ho?

Puntualizzo: nulla di particolarmente prezioso, ma mi sono reso conto di avere molte più cose di quelle che mi servono e, soprattutto, di quelle che utilizzo!

Anzi, mi correggo: avevo.
Forse è ancora un po’ presto per esultare, ma direi che sono ad un buonissimo punto.

La lettura del libro, avvenuta in contemporanea allo svuotamento di 2 case, mi ha sicuramente incoraggiato a prendere scelte che prima non avrei mai fatto.

Prima di lasciare definitivamente casa a Ferrara, ho passato 5 mesi a Napoli e mi sono reso conto che tutto ciò che era rimasto “su” non mi è mai servito.

Evidentemente non erano cose utili.

Si ok: quella tazza mi ricorda quello e quella maglietta mi ricorda quest’altro, ma mi sono chiesto che senso avesse lasciarli chiusi in cassetti o in armadi, senza nemmeno mai guardarli.

Uno dei passi più complicati è stato quello di staccarmi dai miei amati libri: mi piace molto leggere e nel corso degli anni ho creato una mini biblioteca estremamente varia.

Già tempo fa mi ero sbarazzato di diversi scatoloni pieni di Grisham, Stephen King, Conelly e altri autori di questo genere che mi avevano intrippato e dei quali avevo comprato, man mano, praticamente la bibliografia completa: feci una gran fatica a liberarmene anche perché ho sempre considerato un sacrilegio dar via i libri.

Il metodo che ho adottato è stato tutto sommato semplice: li rileggerei mai questi libri?

Non che non mi fossero piaciuti. Anzi, in quel momento erano stati perfetti. Però basta: una volta letti la loro vita, con me, era finita.

È successo quindi che mi sia liberato di quasi tutti i libri: gli unici sopravvissuti (che sono comunque una quarantina) sono quelli che alla domanda “li rileggerei mai?” non mi hanno fatto dire NO, bensì “magari non interamente ma alcuni brani sicuramente SI, giusto per ricordarmi alcune cose”.

La stessa cosa è avvenuta con i vestiti: quali vestiti, seppur alcuni per poche volte in un anno, indosso e indosserò ancora?

In questo momento di fronte a me c’è uno scatolone pieno straboccante di maglioni, t-shirt, pantaloni, pantaloncini, camicie e scarpe che erano già sopravvissuti a diversi svuotamenti.

Eppure in queste ultime settimane mi sono reso conto che sarebbero stati in più, buttati lì in un nuovo armadio ad occupare solo spazio.

Alcuni quadri li ho conservati, altri li sto regalando.

Avevo 4 chitarre e ne utilizzo solo e sempre una: le ho (s)vendute.

Avevo un mucchio di CD e DVD che hanno dovuto passare lo stesso test dei libri: mi sono tenuto solo quelli che, in cuor mio, non hanno ancora esaurito la loro vita.

Mi ha molto fatto ragionare un passo del libro in cui spiega la differenza tra oggetti utilizzati ed oggetti utilizzabili: mi sono reso conto di essere molto schiavo del “magari un giorno mi tornerà utile”.

Il fatto è che questo concetto non lo applicavo solo a cose di elevato valore, ma a tutto.

Che sia chiaro: ho fatto e sto facendo fatica ad eliminare alcune cose, ma allo stesso tempo mi rendo conto che è la cosa migliore che abbia fatto e che stia facendo.

MI sto alleggerendo di oggetti e, cosa che non pensavo, mi sto alleggerendo la vita.

Mi sto rendendo conto che meno cose ho, meno pensieri ho e meglio sto.

Mi tengo solo quello che considero utile, prezioso e che utilizzo realmente.

Ho conservato alcuni piccoli scatoloni con oggetti con i quali evidentemente non ho ancora deciso di “stringere amicizia” e che non so ancora se mi serviranno realmente, se non a rispolverare vecchi ricordi nel tenere in mano una vecchia agenda o dei vecchi copioni di sketch di cabaret che, probabilmente, non farò mai più: ma intanto sono lì. So che il loro destino, almeno per i prossimi mesi, non è altro che prendere polvere, ma prima o poi affronterò pure loro.

Fare spazio nella propria casa è come fare spazio nella propria vita.

C’è un curioso esempio riportato nel libro che mi ha divertito e che condivido appieno.

Se continuiamo a mangiare e una costipazione non ci fa andare in bagno, ci rivolgiamo ad un medico perché siamo consapevoli che non va bene per niente.

In un certo senso è la stessa cosa con gli oggetti che ci entrano in casa: più accumulo e più la costipazione si fa fastidiosa. Liberarsene fa bene alla salute!

È stata una bella scoperta questo dan-sha-ri: mi ha insegnato e continua ad insegnarmi molto!

Less is more!

A proposito: nel paradosso di tutto ciò ora mi ritrovo con un libro che ho letto, che ho appreso e che penso possa essere utile solo se prende nuova vita.

Chi lo vuole?

3 pensieri riguardo “DAN-SHA-RI: ho scoperto un ottimo stile di vita

  1. Caro Paolo, in un momento molto difficile della mia vita, sento il bisogno di ringraziarti…
    Da tempo sto praticando anch’io questa filosofia ma con una variante; non sono più “affamato” dalle cose materiali ma da più profondi sentimenti e sensazioni…
    Ciò che prima non mi toccava ora mi colpisce come una pallottola al cuore…
    Spero di rileggerti ancora con simili pensieri e di poter condividere sensazioni ed esperienze per arricchire la mia presenza in questa vita…
    Un caro abbraccio forte.
    Pierantonio

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  2. Concordo, anche da diversi mesi mi sto liberando di tante cose, il problema viene quando gli oggetti sono regali dei miei genitori sapendo il sacrificio e il pensiero che c’è dietro mi dispiace e allora nel caso gli trovo una funzione, li uso e quindi do loro un senso per esserci, il resto via via tutto e tanto e assieme a questo ho iniziato tante autoproduzioni dal dentifricio, allo struccante allo yogurt e non ho il forno, non ho lavastoviglie e lavo il bucato a mano, può sembrare qualcosa che non c’entra nulla in realtà mi ha messo di fronte a quante cose inutili ci sono che rendiamo indispensabili e invece non lo sono anzi non ci danno alcuna felicità per poi farci lamentare che non arriviamo a fine mese. Bisogna vivere liberi

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