comicista copia_page-0001Si è mai visto un regista fare un’autorecensione del proprio film?

Ma soprattutto, chi ne sentiva la necessità?

Ok, ora giù le mani e se ti va leggi fino alla fine che ho da dire due cose.


Già mi approprio di un titolo, quello di regista, forse in modo un po’ arrogante, ma più che autorecensione, sentivo la necessità di raccontare alcuni retroscena della creazione di questa mia prima “opera”, catalogabile in un range, a seconda del palato dello spettatore, che può andare dal considerarlo un Docufilm o filmino delle vacanze, fatto bene, da fare vedere agli amici al rientro.

Ad Aprile 2019 ho raggiunto il Campo Base dell’Everest in bici e in compagnia di altri 8 compagni di avventura.
Perchè? Non c’è un vero perché. Quello che accomuna tutti noi è, più che la passione per la bici, la passione per vivere un’avventura. Che in effetti si è proprio rivelata così.

Non avevo tutta questa voglia di affrontare un viaggio di questo tipo, ma poi mi è venuta in mente quell’idea sciocca di esibirmi al Campo Base col mio show per entrare nel Guinness World Record con lo spettacolo comico più alto al Mondo.

Riconoscimento che poi in effetti ho ottenuto, ma che di certo, e non lo dico per falsa modestia, non è che faccia di me una persona migliore o un modello da prendere come esempio.

Finite queste premesse, forse inutili, c’è tutto ciò che sta prima e dopo il viaggio che mi preme raccontare.

Vai te a capire perché ho trovato nella bici una fedele amica, alleata, psicologa, compagna di viaggio. Boh?
Fatto sta che, quando comprai la mia prima mountain Bike a fine 2013, il solo pensare di fare qualcosa di “strano” non era nemmeno lontanamente nei miei pensieri.

Eppure è successo.

Se questo è successo lo devo ad un mucchio di persone e ad un mucchio di situazioni che si sono succedute, facendomi man mano conoscere altre persone che mi hanno coinvolto in altrettante situazioni.

Partendo da un GRAZIE immenso a chiunque abbia conosciuto in questo lasso di tempo trascinandomi nei più disparati viaggi ed eventi, due ringraziamenti particolari mi sento sinceramente in dovere di farli.

Il primo va a Michela Fontana, Alberto Pizzo e suo padre Marino di Olympia Cicli. Ci siamo conosciuti a Dicembre 2016, quando per me la bici erano solo due ruote con la quale iniziare a fantasticare, e si sono fatti coinvolgere dalla mia richiesta di diventare miei partner per fare prima una gara assurda in India (se poi avrai altro tempo e voglia e non sai di cosa stia parlando, puoi leggere tutto QUI), poi tutto il resto che ne è scaturito.
Perché un importante marchio di bici, con fior fiori di atleti come testimonial (tra cui i gemelli Braidot che già hanno rappresentato l’Italia alle Olimpiadi e Marzio Deho pluricampione di qualsiasi cosa esista nel mondo delle MTB), sceglie di sposare le idee di uno che prima di allora ha usato la bici solo per andare a comprare le sigarette?
Non ho una risposta, ma solo un GRAZIE, per avermi dato la possibilità di sentirmi qualcosa di simile ad un ciclista mettendomi a disposizione le bici migliori da loro prodotte.

Il secondo va a Daniele Sala e a sua moglie Marinella, coi quali ho iniziato una conoscenza a scopo principalmente “commerciale” e che si è poi trasformata in amicizia e condivisione di esperienze fighissime, tra cui proprio questa dell’Everest in cui c’era appunto anche Daniele (che, giusto dargli il merito, è stato l’ideatore di questo viaggio).
Daniele e Marinella sono i creatori del marchio Dama Sportswear, abbigliamento sportivo con il core business nell’ambito del ciclismo. Pure loro sono entrati nel mio “progetto” in occasione di quella gara in India, ma da lì ne è nata una collaborazione che non mi ha mai fatto mancare nessun tipo di accessorio che fosse necessario per farmi una pedalata.

Olympia e Dama, questo è un GRAZIE SUPER per darmi la possibilità di credermi un ciclista da ormai 3 anni (i ciclisti veri non me ne vogliano: capiate solo il senso di tutto ciò).

Nello specifico di quest’avventura nepalese fino al Tetto del Mondo c’è poi da coinvolgere un’altra realtà, che a dirla tutta mi collega di conseguenza ad un ulteriore GRAZIE da spendere col cuore.

Se nel 2017 sono riuscito a fare la gara in India è stato soprattuto anche grazie all’intervento di Gabriele Manservisi e della sua società, Gruppo Lumi, che mi ha messo nelle condizioni economiche di affrontare il tutto e portare poi la mia avventura su Sky Sport.
È stato grazie al Gruppo Lumi che ho conosciuto Ursa Italia, un’azienda leader nel campo edile per quanto riguarda l’isolamento termico e acustico degli edifici.
Il Direttore marketing, Pasquale D’Andria, è un altro che ha sposato una delle mie folli idee, fino al punto di accettare la richiesta di sponsorizzazione per raggiungere il Campo Base e diventare così partner de “il Comicista”.

Sono tanti i tasselli che hanno costruito questo Docufilm e, giusto per non iniziare un elenco che farebbe diventare questo articolo la Divina Commedia, attorno a tutti questi personaggi che ho citato ci sono un numero di collaboratori che nemmeno immagino: altre decine di persone che, in un modo o nell’altro, hanno fatto si che avessi bici, abbigliamento e risorse per far tutto ciò che ho fatto fin qui.

Per tornare poi alla realizzazione del film, due parole le devo spendere per Paolo Terraneo e Jacopo Boscaini, ovvero i videomaker che sono venuti in Nepal per fare le riprese e che si sono smazzati tutto ciò che è stato il lavoro: montaggio (e solo chi è pratico di ciò potrà capire lo sbattimento che c’è dietro) e, soprattutto, interpretare le mie richieste e direttive, visto e considerato che non c’era nessun piano precedentemente studiato e, per tutto il viaggio, ci siamo basati sul “intanto registra e poi vediamo”.
Direttive che sono state tutto sommato poche, cosa che potrebbe mettere ancora più in difficoltà chi poi deve mettersi lì a cercare l’immagine giusta, la musica giusta, la cronologia giusta.
Ma evidentemente ci siamo capiti bene: non ho voluto entrare troppo nello specifico delle mie indicazioni perché è giusto che ognuno faccia ciò che sa fare. Magari sono stato bravo io ad indicare la strada o magari sono stati solo bravi loro a capire cosa volevo.

Fatto sta che, piaccia o no alla “critica”, trovo questo cortometraggio un vero capolavoro (e vabbè, l’ho detto!): riguardo la bellezza dei filmati non posso accollarmi nessun merito perché ogni fotogramma è merito del loro gusto; riguardo lo storytelling mi sono emozionato tantissimo alla prima visione perché hanno messo in video esattamente ciò che avrei voluto raccontare.

Ok, ok, mi sto lodando e sbrodolando allo stesso tempo, ma voglio prendermi veramente solo una piccolissima, infinitesima, percentuale di merito e dare a Cesare, in questo caso Paolo e Jacopo, ciò che è di Cesare.

Riguardo il format che ho scelto, quello del cortometraggio da 30 minuti, ne è nata una piacevole “discussione” col mio amico fraterno Mattia.
Che sia ben chiaro: nessuna discussione nel senso negativo del termine eh, solo chiacchierate costruttive.
Mi faceva presente che, a suo avviso, sarebbe stato più accattivante, forse, proporlo in mini puntate da pochi minuti ognuna, seguendo quindi quello che è il mood attuale: robe veloci, poco impegnative e proposte sotto forma di “serie”.
Sicuramente sarebbe stata una strategia interessante, ma quello che volevo io era un altro tipo di racconto.
So che 30 minuti possono “pesare” sulla voglia di vedere qualcosa e che il proporre un cortometraggio, seppur in stile documentaristico, possa essere anacronistico oggi come oggi, ma rimane una forma di narrazione che, almeno io, trovo molto interessante.

È un po’ come questo articolo: in quanti saranno arrivati fino qua?

Sarò prolisso, ma ci sono cose che voglio raccontare a modo mio, così come volevo raccontare cose nel film. Sono un divoratore di libri e sono il primo a scegliere, talvolta, un libro sconosciuto dal suo spessore in centimetri. Eppure, rivedendo la mia libreria, mi rendo conto che tutti i libri da 7-800 pagine o più che ho letto, avevano il loro senso nell’essere così “spessi”.

Non mi interessa piacere a tutti: mi interessa raccontare una storia nel modo che ritengo migliore, dovesse anche piacere solo a me.

È anche questo uno dei motivi che mi ha spinto a bloccare i miei propositi di legarmi ad un produttore o un distributore, di entrare in una piattaforma a pagamento o di crearci dietro un lancio promozionale più consistente, tutte cose che erano già in fase di lavorazione.
Sarà anche il periodo storico che stiamo vivendo che mi ha ammorbidito alcuni aspetti, ma renderlo fruibile gratuitamente mi dà la possibilità di pensare che sto semplicemente condividendo qualcosa che trovo bello e il bello non ha un costo.

Perché non me ne frega niente del “titolo” che ho acquisito (anche perché, a dirla tutta, la medaglietta da recordman ha un valore fine a se stesso) così come non me ne frega niente se ci ho speso dei soldi, seppur tutto sommato molto pochi per la mole di lavoro che c’è stata dietro.

Mi faceva piacere condividere L’ESPERIENZA che ho passato, cosa che non ha e non avrà mai alcun valore economico. Quello che ho vissuto è qualcosa di unico e raccontarlo così, renderlo potenzialmente disponibile a tutti, mi dà l’idea di aver chiuso perfettamente il cerchio di questo capitolo.

Se poi si diffonderà tramite il passaparola e troverà giudizi postivi ancora meglio, ma non saranno di certo i numeri di visualizzazioni, tantomeno eventuali stroncature, a cambiare il senso che ha avuto quel viaggio e il senso che ho voluto dare al suo racconto.

Infine desidero ringraziare chiunque mi abbia sostenuto, seguito, apprezzato o anche criticato fino ad oggi. Ho fatto tante cose belle ma non nascondo di aver fatto anche cose non proprio così elevate: posso però garantire che, anche quando col senno di poi mi sono accorto di non essere stato all’altezza, lì per lì non pensavo di poter fare qualcosa contro il mio interesse. Forse è per questo che non ho il seguito della Ferragni o l’appeal di un Fiorello. Non ho mai avuto la presunzione di avere dei fans: lo trovo un termine inappropriato, almeno per quanto mi riguarda. Il termine spagnolo aficionados mi piace di più: per Google Translate equivale comunque a fan, ma a me piace di più pensarlo come “affezionati”.

Ecco, grazie ad ogni AFFEZIONATO che mi segue, quindi grazie anche e soprattutto a TE.

Basta, finisco perché sennò sembra un testamento.

Amo questa vita e, come dico alla fine del film, “sono sempre più vivo! GRAZIE!”

Buona visione del film!!!

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