
Mi ero trasferito a Napoli da pochissimo, forse nemmeno un mese, quando ho conosciuto Valentina, una ragazza originaria di Trento, che era appena rientrata in Italia dopo un’esperienza incredibile: 25mila chilometri percorsi in bicicletta in 25 mesi, partendo dal Vietnam e attraversando tutta l’Asia, passando per Paesi che, per la distanza e per le frammentarie notizie che raggiungono l’Occidente, pensiamo siano luoghi assolutamente pericolosi dove morire male o subire ogni genere di violenza o sopruso.
Che il suo viaggio sia stato semplice e liscio non lo si può dire, anche perchè girare con una bici carica di quasi 50kg prevede già la sua difficoltà pure nel fare il giro delle Mura di Ferrara, ma sentire raccontare quell’esperienza dalla sua voce e dalla luce che emanavano i suoi occhi è stato elettrizzante (esperienza tra l’altro raccontata nei suoi libri “Pedalando sogni” di Valentina Brunet che consiglio vivamente).
Come dicevo, qualche settimana prima mi era successo quello che l’immaginario comune cataloga sotto la categoria “grandissimo colpo di culo”: senza nessuna esperienza precedente alle spalle mi era stata data la possibilità di entrare a far parte di una radio nazionale in un programma che ormai da 3 anni era in continua crescita di ascolti.
I Corrieri di Kiss Kiss, su Radio Kiss Kiss ovviamente, era condotto da Gigi Garretta e Ciro Limatola. Conosco entrambi da tempo, Gigi marginalmente perchè ci siamo solo incrociati poche volte dietro qualche palco, Ciro molto bene perchè abbiamo lavorato insieme più volte nel campo degli eventi aziendali e serate in giro per l’Italia e il Mondo.
Fatto sta che Gigi sceglie di intraprendere altre strade ed io, per il famoso “colpo di culo” descritto prima, mi trovavo a Napoli casualmente proprio in quel periodo.
Mi viene proposta l’idea di fare un provino, piaccio et voilà: era un giovedì pomeriggio quando mi venne detto, più o meno testuale, “se ti stanno bene le nostre condizioni da lunedì sei in onda”.
In tutto ciò vivevo a Ferrara, non conoscevo per niente Napoli essendoci stato in toccata e fuga solo una volta nella mia vita e avevo progetti in piedi e serate già pianificate almeno fino a fine anno. Ma allo stesso tempo non potevo perdere un’occasione del genere. È sempre stato un sogno nel cassetto quello di fare radio.
Così nell’arco di poche ore mi organizzo per trasferirmi giù e, sfruttando i weekend liberi, nel giro di nemmeno un mese avevo già una casa e tutto ciò che mi serviva a Napoli.
Da lì è iniziata un’esperienza favolosa: prima l’entusiasmo di una cosa totalmente nuova e che avevo sempre e solo visto da fuori, poi, un po’ alla volta, il prendere confidenza con la nuova realtà fino a sentirmi totalmente padrone del mezzo.
In tutto ciò, elemento non di minor valore, il colpo di fulmine totale con Napoli, una città tanto caotica e incasinata quanto totalmente adorabile e fantastica.
L’aver vissuto qui il periodo di reclusione da pandemia è stato tutto tranne che un peso o un problema. Anzi, essendo autorizzato ad uscire di casa durante l’assurdo periodo delle autocertificazioni, ho potuto godere di una città totalmente vuota che di certo ha accresciuto il mio amore per questo luogo.
Poi l’entusiasmo si è assestato, sono finite le restrizioni e, sebbene ribadirò sempre che fare radio sia una delle figate più pazzesche che possano capitare nella vita, ho iniziato a sentirmi un po’ stretto in una morsa che limitava il mio senso di libertà.
Mi si potrà rinfacciare il fatto che chissà quanti ambirebbero ad un lavoro in cui, a tutti gli effetti, si è impegnati, tra diretta, preparazione del programma e spostamenti casa-studio, non più di 4 ore al giorno, salvo casi straordinari in cui ci sono eventi o registrazioni da fare, ma è comunque un impegno da rispettare con tutte le sacrosante regole che ci devono essere in una realtà come questa.
Insomma, man mano mi sono reso conto che, nonostante tutti questi “privilegi”, quando mi svegliavo al mattino non avevo più quella carica che mi faceva smaniare per essere dietro ad un microfono a fare ciò che più mi risulta naturale nella vita: parlare e cazzeggiare.
La voglia di fare un viaggio, la libertà di andare a trovare qualche amico, la possibilità di scegliere quando e come gestire il mio tempo.
Non ho mai fatto un lavoro da dipendente e so che forse è faticoso riuscire a capire il mio punto di vista da parte di un mondo che è abituato al fatto che, nella maggior parte dei casi, si lavora almeno 8 ore al giorno dal lunedì al venerdì e in tanti casi con un lavoro che nemmeno piace.
Ma è come mettere un cerchio in un quadrato: in un qualche modo ce lo fai stare, però non è il suo posto naturale.
Ho cercato di capire come far funzionare il tutto, come poter conciliare il mio istinto fuggitivo con quello della quotidianità, come potermi adeguare alle regole di un ambiente di lavoro che necessita di continuità e di presenza sul posto.
Mi sono confrontato più volte sia coi miei diretti colleghi e amici, Ciro e Lucilla, che con la dirigenza.
Insomma, alla fine non ho potuto far altro che trarre una conclusione: non sono le regole lì dentro che sono sbagliate. Ero evidentemente io in un posto che per un po’ è stato perfetto ma che alla lunga iniziava a rivelarsi, per me, una sorta di gabbia dorata.
Perché tutto questo lungo preambolo e, soprattutto, perché ho iniziato tutto questo discorso parlando di Valentina?
In quel periodo ci siamo visti diverse volte visto che, viva il caso che non esiste, si era trasferita per un periodo nel casertano, ad un’oretta di auto da Napoli.
Ho parlato tanto con lei, mi sono fatto raccontare un sacco di cose e un giorno le ho chiesto cosa l’aveva portata a fare quel che aveva fatto, considerato che aveva abbandonato un lavoro in Trentino per provare un’esperienza in Giappone salvo poi ritrovarsi in Vietnam e prendere quella decisione.
Mi disse semplicemente che non stava seguendo il suo progetto di vita.
Ci ho messo mesi e mesi per assimilare questo concetto, fino a quando mi sono reso conto che quella mia strana sensazione era proprio questa: non stavo più seguendo il mio progetto di vita.
Se per entrare in casa tua mi è chiesto di togliermi le scarpe e a me non piace togliermi le scarpe, in casa tua posso anche venire qualche volta ma per il resto preferisco incontrarti fuori, senza rancore e senza giudizio sulle tue regole.
Ecco, la dinamica con la radio è stata questa. Mi sono reso conto che non potevo pretendere che cambiassero le regole per le mie esigenze anche perchè quelle regole non è che sono sbagliate: ero io a non essere più nel posto giusto per me. Tant’è che sono stato io ad andarmene.
Mi è stato proposto anche un ritocco economico al contratto, ma non è stato per una questioni di soldi: è il mio tempo il vero valore, il tempo della mia vita.
Sono consapevolissimo che la nostra trasmissione andava molto bene, anzi farò il presuntuoso a dire che io e Ciro eravamo e siamo una coppia azzeccatissima, sia in radio che su un qualsiasi palco. Dirò di più: fino all’ultimo giorno mi sono divertito tantissimo nelle nostre due ore in onda. Tuttavia, per quanto detto qualche riga sopra, non c’erano più i presupposti.
I Corrieri, nelle versione con me, avrebbero potuto durare chissà quanto tempo ancora, ma prima o poi sarebbero comunque andati incontro ad una fine: a sto punto, secondo me, meglio quando si è al top che in una versione slavata e consumata. Tanto la radio andrà avanti lo stesso ed avrà comunque successo, anche senza di me.
Inoltre, come piccolo appunto per i malpensanti, io e Ciro eravamo amici prima di fare la trasmissione e restiamo amici, a mio avviso ancor più di prima, anche adesso.
Ma la necessità di fare qualcos’altro, di cercare nuovi stimoli e, soprattutto, di essere totalmente padrone della gestione del mio tempo, è stata più forte.
Il mio progetto di vita evidentemente è questo: dedicarmi anima e cuore a ciò che mi piace e mi appassiona fino a quando non ho la sensazione che il tempo che ci dedico potrebbe essere speso meglio. In questo caso non esitare a cambiare prima che sia la vita stessa a mettermi nelle condizioni di dover cambiare.
Ho avuto una società col mio amico fraterno Mattia per diversi anni: andavamo fortissimo, avevamo decine di eventi ogni anno, giravamo il mondo con tutti i privilegi possibili ed immaginabili, eppure ad certo punto non mi divertivo più.
Siamo ancora come fratelli, ma ognuno ha la sua strada lavorativa.
La vita è varia, ogni giorno offre una nuova possibilità e nuove prospettive. Ci sono un mucchio di persone con idee geniali e dietro ogni incontro c’è sempre un potenziale stimolo ad avventurarsi in qualcosa di nuovo.
Talvolta si fanno grandissime cose, altre volte, dietro una scelta dalla parvenza sbagliata, c’è la possibilità di imparare comunque qualcosa di nuovo.
Inoltre nessuna porta è chiusa per sempre: la radio è stata una delle esperienze più entusiasmanti e formative della mia esistenza e, come la vita, offre decine di possibilità diverse per sviluppare nuovi progetti e nuove forme di comunicazione. Pertanto mi considero solo in un periodo di lunga vacanza e non escludo potrà tornare nella mia vita, magari sotto altra forma, anche nei prossimi mesi.
Nel frattempo, nonostante stia parlando di progetti di vita, mi rendo conto che è forse più difficoltoso cercare di spiegare, a chi mi chiede incuriosito cosa farò e che programmi ho, che in realtà non lo so e che non ho in piedi nessun progetto concreto.
O meglio: un bel viaggio, qualche pedalata coi miei amici di Napoli, di Ferrara o di qualsiasi altra parte d’Italia, qualche serata dovesse saltar fuori, magari anche qualche evento come ai vecchi tempi.
Siamo abituati fin da piccoli che bisogna “sacrificare” questa vita per lavorare, produrre, fare, fare e ancora fare.
Non sono certo nemmeno io quanto sono in grado di NON fare, accogliendo ciò che la vita mi concede ogni giorno, seguendo l’istinto del oggi VOGLIO fare e non oggi DEVO fare, semplicemente realizzando che tutto ciò non implica il fatto di non potermi concedere qualche lavoretto ogni tanto, così come essere libero di scegliere di gestire il mio tempo vedendo posti nuovi, lanciando o pensando a nuove idee, leggendo un libro, facendo una bella pedalata o una passeggiata, fare delle belle chiacchierate con vecchi amici o conoscendo persone nuove. In poche parole: godere solo ed esclusivamente della vita.
Pochi giorni dopo la mia ultima trasmissione è morto Gianluca Vialli: delle sue gesta da sportivo nessuno ha mai avuto dubbi, ma della sua caratura umana, probabilmente accentuata dalla consapevolezza di una morte imminente, forse pochi ne erano consapevoli.
Beh, in una delle ultime interviste rilasciate, ha detto: “Da parte mia cerco di non perdere tempo, di dire ai miei genitori che gli voglio bene. E mi sono reso conto che non vale più la pena di perdere tempo e fare delle stronzate. Fai le cose che ti piacciono, di cui sei appassionato e il resto no. Non c’è tempo.”
Ecco, un testamento sacrosanto, da incidere a caratteri d’oro sul soffitto sopra il letto perchè possa essere l’ultima cosa che si legge prima di addormentarsi e la prima appena svegli prima di affrontare una nuova giornata.
“Eh ma tu te lo puoi permettere!” mi è stato detto ormai più volte.
Per chi ha impegni di famiglia e figli capisco che in effetti può risultare tutto pressoché impossibile, sebbene alcuni esempi di famiglie “sui generis”, poche a dir la verità, esistono.
E no, non sono ricco di famiglia, ho appena due spicci da parte, non possiedo nulla se non un furgone vecchio e usato ma bellissimo, un paio di bici (che nemmeno sono di mia proprietà a dire il vero), una chitarra, tanti amici e un mix tra entusiasmo (tantissimo) e insicurezza (poca) per ciò che potrà succedere da qui in avanti.
Col cazzeggio come filosofia di base, ovviamente.
La vita è adesso e non c’è motivo di pensare che sia un problema.
Anzi, è solo una grandissima opportunità.
Sei un grande, divertiti, fai quello che preferisci, se vorrai fare una pedalata, prendere un caffè, fare due chiacchiere ci sono, buona vita, ciao 👋 toto
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